giovedì 26 novembre 2020

Stoner

TITOLO: Stoner

AUTORE: John Williams

CASA EDITRICE: Fazi Editore

PAGINE: 322

COSTO: 10,00 €

TRASPOSIZIONE CINEMATOGRAFICA: Nessuna

GIUDIZIO: 10++/10



TRAMA

«William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. La prima volta che l’ho letto sono rimasto sbalordito dalla qualità della scrittura, dalla sua pacatezza e sensibilità, dalla sua implacabile chiarezza abbinata a un tocco quanto mai delicato. Dio si nasconde nei dettagli e in questo libro i dettagli ci sono tutti: la narrazione volteggia sopra la vita di Stoner e cattura ogni volta i momenti di una realtà complessa con limpida durezza […], e attraversa con leggera grazia il cuore del lettore, ma la traccia che lascia è indelebile e profonda».
Peter Cameron

NOTE DI LARAGAZZADELLIBRO

Questo libro. Non so da dove iniziare per scrivere una recensione degna, probabilmente qualsiasi espressione non sarà mai adatta a descriverlo bene. Da tanto tempo molte persone mi avevano consigliato Stoner, dicendomi quanto fosse intenso, bello ed inaspettato, eppure nonostante tutto, i miei dubbi restavano: avevo paura di trovarmi davanti un libro dalla narrazione priva di eventi, che quindi avrebbe finito per rallentare se non fermare del tutto la mia lettura. Ero costantemente combattuta tra la curiosità di capire perché ha affascinato così tante persone, e il timore di bloccarmi ed avere un libro che era stato semplicemente tanto sopravvalutato.

Finché, un bel giorno, decisi di comprarlo e portarlo a casa, da lì è rimasto altro tempo tra i suoi simili, ma domenica ho deciso di prenderlo in mano e di iniziare a perdermi tra le sue pagine. Ammetto di averlo finito oggi, poche ore prima di scrivere questa recensione e, come confessato anche ad una mia amica, una volta terminato ho avuto bisogno di circa dieci minuti prima di fermare le lacrime.

Come anticipato dalla trama e dal giudizio di Peter Cameron, questo libro racconta la vita di William Stoner. Il rischio di leggere qualcosa di monotono e pesante è praticamente dietro l'angolo, ma questo personaggio è molto più di una semplice e sola biografia.

William Stoner è il figlio di due contadini, semplici e che hanno dedicato le loro vite e le loro energie ai campi, spesso troppo aridi, ma che con la loro bontà d'animo ed ignoranza, hanno spinto il figlio a frequentare la Facoltà di Agraria nell'Università del Missouri, convinti che così facendo avrebbe guadagnato in conoscenze da mettere in pratica nella coltivazione. Erano persone ingenue, ma infinitamente lodevoli. William, detto Bill, si iscrive, studia e lavora per pagarsi l'alloggio, si ritaglia tutto il tempo possibile per comprendere bene materie come scienza o biologia, a lui parecchio ostili, fino al giorno in cui, dovendo frequentare un seminario per ottenere la Laurea, incappa nel corso di Letteratura Inglese. Da qui inizia il suo cambiamento, da qui parte la scoperta di sé, la presa di coscienza di qualcosa che va oltre e che lo spinge a cambiare corso di studi e laurearsi.

Come se fosse la cosa più naturale del mondo, quasi senza neppure accorgersene, Stoner diventa professore, dedicando la vita allo studio e all'apprendimento. Si sposa con Edith, dopo un fidanzamento breve e romantico, e alcuni anni dopo nasce la piccola Grace, alla quale William dona tutto il suo amore e che gli consente di arrivare dove non era mai riuscito ad avvicinarsi: diventare un bravo professore.

Stoner è un uomo che ama, ama la vita, ama la poesia, la letteratura, lo studio, la conoscenza, sua figlia, ma tutto questo amore non riesce ad esternarlo. Ha una profonda cultura, che alimenta quotidianamente, eppure non riesce a trasmettere tramite le parole quel sentimento profondo che lo scuote privandolo persino del respiro, finché Grace inizia a fargli compagnia nel suo studio, dove passa il tempo leggendo e fa capire al padre di saper insegnare come nessuno mai.

La vita di Bill è quindi paragonabile alla calma piatta, così potrebbe sembrare vuota e senza alcun motivo per essere ricordata. Ma Stoner è più che degno di essere ricordato, per la sua dedizione, per il fatto di non aver mai conosciuto l'affetto poiché i suoi genitori erano persone dedite solo al lavoro, per aver avuto il coraggio di intraprendere un corso di studi lontano da quello che tutti aspettavano da lui, per aver abbracciato la meraviglia e la bellezza delle lettere, delle parole e della letteratura, per aver vinto sulla sua iniziale incapacità di esternare queste emozioni, per aver affrontato tanti dolori e tanta malinconia, portate in primis dal suo matrimonio a rotoli, per non essersi arreso neppure di fronte alle ingiustizie, ai soprusi dei colleghi, al dolore, per aver saputo dire addio all'unica persona in grado di farlo sentire libero e vivo.

Questo libro è di una tenerezza che sfocia nella malinconia, perché il lettore si trova a vivere la vita di un uomo solo, che combatte contro se stesso e gli altri, un uomo incapace di esternare i proprio stati d'animo, di mostrare ad occhi altrui ciò che prova, eppure paradossalmente ognuno riesce ad immedesimarsi in lui. Quanto mi sono ritrovata nella sua difficoltà di trasmettere a parole l'amore che provava per la cultura, quanto ho amato ogni difficoltà che è riuscito a superare.

Se dovessi fare un discorso sui singoli personaggi, direi che Stoner inizialmente sembra semplicemente subire ciò che gli accade, spesso sono gli altri a decidere per lui, ma non è così perché è lui a trovare la determinazione di portare avanti i suoi sogni, i suoi obbiettivi. Essendo un essere umano, in quanto tale commette degli errori, senza però mai smettere di trovare la felicità.

William Stoner mantiene lo sguardo sempre puntato sulla conoscenza, non smette mai di meravigliarsi, non si allontana dai suoi libri e da essi ottiene il conforto e la forza necessari per affrontare la morte prematura di uno tra i suoi due unici amici, la rabbia della moglie che gli dichiara guerra ogni giorno, la stanchezza, il dolore della figlia che non riesce a reagire ai soprusi della madre.

A rendere ancora più forte e sensazionale il tutto è lo stile dell'autore, John Williams descrive le giornate, gli anni, di un uomo qualunque, con pochi amici, che ha lavorato sempre nella stessa Università, con un matrimonio disastroso di cui la figlia porta ancora i lividi, e lo fa con termini semplici, quasi stesse narrando le vicende di un amico caro. Racconta l'amore in ogni sua forma, l'amore che cambia e si modifica nel corso degli anni, le sfaccettature che si provano ogni giorno nella realtà e che ci tengono in vita.

Sono sopraffatta dalla tenerezza che ho provato nel leggerlo, nell'immedesimarmi in questo semplice professore che cresce, migliore ed impara senza accorgersene, che comprendere a fondo le cose forse troppo tardi per gli standard comuni, che ha bisogno di isolarsi dal mondo perché sa che non potrà mai dargli ciò che invece riesce a trovare nei libri, nei volti degli studenti quando lasciano la penna sul quaderno e lo seguono con lo sguardo incollato alla sua cattedra, nei sorrisi accennati della figlia quando disegna o gli mostra il libro che sta leggendo, nell'orgoglio dei laureandi quando terminano la loro tesi e nella gioia di rientrare a casa sapendo di aver svolto il proprio lavoro con serenità.

Raccontarlo, o tentare di farne un riassunto, è impossibile, solo la lettura può far capire quanto in realtà sia bello, triste, intenso, tenero e pieno di amore, di vita e di infinita cultura. Non credo di esagerare nel dire che questo sia il romanzo più bello letto durante il 2020, tanto che, anche se finito da poche ore, sento ancora la forte tentazione di riprendere a leggerlo dall'inizio.

Avrei ancora così tanto da dire, ma ho paura di rovinare questa meraviglia, per questo mi limito a dirvi di leggerlo, a consigliarvi di perdervi nelle sue pagine perché trasmette talmente cose belle da non poterne fare a meno. Mi spiace non aver saputo scrivere una recensione decente, è che ogni parola mi appare vuota e troppo semplice per trasmetterne la bellezza, un pò come Stoner che non sapeva di essere un grande uomo, pur con tutti i difetti e le mancanze.

JOHN WILLIAMS insegnò, come Stoner, nell'Università di Denver.

«Il passato sorgeva dalla tenebre e i morti tornavano in vita di fronte a lui, e insieme fluivano nel presente, in mezzo ai vivi, tanto che per un istante aveva la percezione di stringersi a loro in un'unica, densa realtà, da cui non poteva e non voleva sottrarsi. Tristano e la dolce Isotta gli sfilavano sotto gli occhi; Paolo e Francesca vorticavano nel buio incandescente; Elena e il radioso Paride, amareggiati dalla conseguenze del loro gesto, spuntavano dal buio. E Stoner li sentiva più vicini dei suoi stessi compagni, che si spostavano da una classe all'altra, alloggiando presso una grande università a Colombia, nel Missouri, e che camminavano distratti nell'aria del Midwest.»

(da "Stoner", pagina 24)

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