TITOLO: It
AUTORE: Stephen King
CASA EDITRICE: Sperling & Kupfer
PAGINE: 1200
COSTO: 18,90€
TRASPOSIZIONE CINEMATOGRAFICA: film omonimo uscito in due parti, la prima nel 2017 e la seconda nel 2019.
GIUDIZIO: 10+/10
TRAMA
A Derry, una piccola cittadina del Maine, l'autunno si è annunciato con una pioggia torrenziale che sembra non finire mai. Per un bambino come George Denbrough, ben coperto dal suo impermeabile giallo, il più grande divertimento è seguire la barchetta di carta che gli ha costruito il fratello maggiore Bill. Ma le strade sono sdrucciolevoli e George rischia di perdere il suo giocattolo, che infatti si infila in un canale di scolo lungo il marciapiede e sparisce nelle viscere della terra. Cercare di recuperarlo è l'ultimo gesto di George: una creatura spaventosa travestita da clown gli strappa un braccio uccidendolo. A combattere It, il mostro misterioso che prende la forma delle nostre peggiori paure, rimangono Bill e il gruppo di amici con i quali ha fondato il Club dei Perdenti, sette ragazzini capaci di immaginare un mondo senza mostri. Ma It è un nemico implacabile e per sconfiggerlo i ragazzi devono affrontare prove durissime e rischiare la loro stessa vita. E se l'estate successiva, che li ritrova giovani adulti, sembra quella della sconfitta di It, i Perdenti sanno di dover fare una promessa: qualunque cosa succeda, torneranno a Derry per combattere ancora.
NOTE DI LARAGAZZADELLIBRO
Alcuni anni fa ero solita ripetere "non leggerò mai thriller o horror", convinta di non avere abbastanza fegato, di essere troppo sensibile o più semplicemente di avere troppa paura per affrontare questo tipo di letture. Ad oggi, per fortuna, la situazione si è completamente ribaltata, tanto da leggere prevalentemente questi genere, tanto da innamorarmi di serial killer, indagini, investigatori, creature che sfuggono alla razionalità umana o ad ogni possibile comprensione.
In particolare però, l'ultima prova prima di potermi dichiarare adulta nel genere thriller o horror, era rappresentato da It di Stephen King. Perché? Bhe, sin da piccola ho sempre avuto un certo timore delle persone travestite, specialmente dei pagliacci, con le loro facce bianche e le bocche sproporzionate, perciò potete ben immaginare quanto io abbia temuto questo piccolo mattoncino di 1200 pagine e la difficoltà provata prima di approcciarmi ad esso. Con la recensione di oggi vi svelo che sono ancora viva, ho superato la prova e l'ho amata, come tutti i libri del maestro che ho letto finora.
Ho sentito così tante leggende attorno ad It, alla sua stesura, ad eventuali maledizioni e ho letto recensioni così approfondite che l'aspettativa era ovviamente molto alta, eppure mi sono ritrovata a concludere questa lettura in circa due settimane, appassionandomi ai personaggi, agli avvenimenti e a ciò che mi trasmetteva sin dalla prima pagina. Credo fortemente che uno dei punti cardine dello stile di King sia proprio la sua capacità innata di attirare il lettore, come quella forza misteriosa che ci spinge a scendere delle scale buie anche se avvertiamo la pelle d'oca ed una paura folle. Unisce questo straordinario potere dell'ignoto, del diverso, di ciò che è irrazionale ad una narrazione ricca di leggende, di avvenimenti inspiegabili, di terrore ma anche coraggio, coraggio che è incarnato soprattutto dai bambini, gli unici a vedere o percepire delle forze malvage, eppure anche gli unici a poterlo sconfiggere, perché già hanno esperienza di mostri sotto il letto o negli armadi ("stanno stretti sotto al letto sette mostri a denti stretti"), quindi hanno la forza di esorcizzarli proprio perché sono sempre davanti i loro occhi.
Il famoso gruppo dei Perdenti è stato per me una rivelazione, primo perché ho sempre confuso i loro nomi e fatto fatica ad associare i visi, e poi perché non credevo possibile ritrovarmi di fronte a dei bambini di 11 anni circa, con una mentalità già così delineata e matura. Le loro riflessioni hanno inevitabilmente coinvolto il lettore, che si è trovato ad interrogarsi sugli aspetti quotidiani della vita, sulla differenza tra bene e male e sui limiti dell'immaginazione. Persino i personaggi secondari hanno un preciso posto e scopo nel perfetto puzzle della trama, King è un esperto nell'evidenziare vizi, follie e pensieri umani, come nessun autore.
Ho amato Richie, il modo in cui non chiude mai bocca, parlando a sproposito, il suo modo di scherzare con Big Bill, il capo indiscusso del gruppo, colui che balbetta solo di fronte alla realtà, ma corre veloce con Silver nella sua immaginazione. Mi si è spezzato il cuore per Eddie, così oppresso dalla madre, così spaventato, piccolo e indifeso, eppure forte e determinato come nessuno mai. Non ho potuto fare a meno di immedesimarmi in Ben, nelle ingiustizie a cui veniva sottoposto e a cui rispondeva con gentilezza ed intelligenza, alla crescita che ha dimostrato e alla breve ma bellissima poesia che ha dedicato a Beverly, risoluta e sicura che troppo spesso o cercato amore dove c'era solo odio. Un posto nel mio cuore sarà sempre dedicato a Stan, così ordinato e pacato, l'Uomo del gruppo, l'adulto che prima degli altri aveva forse capito a cosa andavano incontro. E per finire Mike, colui che "capita" per caso, chiudendo il cerchio e riaprendolo 27 anni dopo, lui che congiunge i tasselli e li lascia liberi di agire. Non posso dire di avere un personaggio preferito, perché ho davvero apprezzato il modo in cui King evidenzia anche la crescita di ognuno di loro, gli stati d'animo, come riesce ad unire e giocare la realtà con i loro sogni, sono sicura che difficilmente mi dimenticherò di loro.
La narrazione non stanca mai, non si avvertono minimamente il peso delle tante pagine, anzi, si vorrebbe non finissero mai, io stessa mi sono imposta di rallentare la lettura perché iniziavo a temere il giorno in cui avrei chiuso il libro, ritrovandomi sola con tante domande e con un senso di meraviglia e stupore che credo non riproverò mai. L'idea, a parer mio geniale, di questo mostro antico quanto o forse più del mondo stesso, che si insedia a Derry, nel Maine, estendendo le sue malefiche radici nella città e negli abitanti, ottenebrando le coscienze e nascondendo gli orrori, che si palesa ai bambini e delle loro paure si nutre, che terrorizza i loro pensieri rendendoli reali attraverso le reti fognarie, chiamandoli con voce metallica dalle tubature arrugginite ed infinite, che muta forma e sostanza per adattarsi alle paure più nascoste della psiche, rappresenta forse quanto di più irrazionale possa esistere. La sua reale forma è però quella umana, i Perdenti imparano presto che i veri mostri sono gli uomini, gli adulti, che alimentano odio, guerra, che rincorrono il potere, impazzendo e perdendo di vista ogni virtù. Ciò che più spaventa, per chi non vuole credere all'esistenza di questa forza ancestrale che continuerà sempre ad esistere, è il fatto che essa esiste ogni giorni, si manifesta in ogni angolo e con ogni sorta di abominio.
Per chi ama King, It è IL LIBRO da non perdere, da rileggere se necessario, ma non può mancare, per chi invece vuole completare il rito di passaggio al genere horror/thriller, questo libro rappresenta la giusta meta.
Quindi, ho ancora paura dei pagliacci? Posso dire di si, in parte, ma come Bill, Richie, Ben, Bev, Eddie, Stan e Mike mi hanno insegnato, i mostri possono essere sconfitti, bisogna prima di tutto credere che esistano e poi trovare dentro di noi il coraggio di eliminarli, che siano essi lebbrosi, uccelli giganti, mariti violenti, madri troppo apprensive o genitori assenti. Ogni forma di paura, di dolore, di terrore esiste, si palesa in modi e forme diverse, ma se esiste il male, c'è anche la controparte buona, quella che vince nonostante tutto.
STEPHEN KING deve, in parte, il suo successo alla moglie Tabitha. Fu lei a recuperare un manoscritto che il marito aveva gettato dopo l'ennesimo rifiuto, e ad inviarlo ad un'altra casa editrice: ne nacque Carrie, il primo di una lunga lista di fortunati eventi.
« Star dentro alle righe non era proprio il suo forte, pensò Richie, poi rabbrividì. Né sarebbe mai potuto migliorare. Guardò il tavolo sotto la finestra. La signora Denbrough vi aveva sistemato tutte le pagelle di George, aprendole in maniera che stessero dritte. Contemplandole, sapendo che non ce ne sarebbero state altre, sapendo che George era morto prima di imparare a colorare dentro le righe, sapendo che la sua vita era irrevocabilmente finita per sempre, scandita solo da quelle poche pagelle dell'asilo e della prima elementare, si sentì travolto per la prima volta in vita sua da tutta l'imbecille verità della morte. Fu come se gli piombasse dall'alto nel cervello una grossa cassaforte d'acciaio e vi restasse semisepolto. Potrei morire anche io! si mise a urlare all'improvviso la sua mente nell'orrore di chi si scopre vittima di un tradimento. Tutti possiamo morire. Tutti.»
(da "It", pagina 351)